A PENSARE MALE SI FA PECCATO, MA SPESSO SI INDOVINA
Un politico navigato aveva sintetizzato, in questa celebre frase, un concetto quanto mai attuale e calzante anche per il nostro settore amatoriale.
Ci spieghiamo meglio.
Quando nel lontano 2015 iniziò a circolare una bozza della proposta inerente la riforma del terzo settore subito ci allarmammo. Fummo tra i pochissimi soggetti che, a livello nazionale, risposero all’allora Governo in carica, formulando le nostre perplessità.
Naturalmente rimanemmo inascoltati: nessuna delle nostre osservazioni fu tenuta in considerazione.
Da subito balzava all’occhio che il testo era fortemente sbilanciato a favore delle grandi realtà, ma nessuno si prese la briga di avviare un dialogo con noi, che fummo gli unici, a quei tempi, a comprendere la pericolosità di tale proposta per le piccole e medie realtà.
Diciamo che la confusione era molta: avviammo un dialogo con molti parlamentari di entrambi gli schieramenti politici, e francamente non si capiva come un simile progetto avanzasse senza che nessuno ne volesse riconoscere la paternità. Tutti prendevano nota delle nostre osservazioni, promettevano interventi... ma non successe nulla.
Nel frattempo, nel 2017, il testo fu approvato e diventò legge.
Niente era sostanzialmente cambiato, e lo sbilanciamento a favore delle grandi realtà era evidente: la prova è che, nell’audizione in Commissione Affari Costituzionale al Senato del giorno 11 Luglio 2018, fummo gli unici a rappresentare realtà locali, tant’è che ci venne chiesto cosa c’entravano le Bande Musicali con tale riforma.
Nell’indifferenza generale il tempo passava, e in noi cresceva il timore che, essendo un testo che nessuno rivendicava, questo avrebbe continuato il suo cammino in silenzio, sotto traccia, così da giungere al punto che, una volta “lanciato il treno”, nessuno avrebbe avuto più il coraggio di metterci mano.
Nel frattempo ci misurammo con alcuni dirigenti e consulenti ministeriali, i quali confermarono di non conoscere assolutamente il nostro mondo, dimostrando di non comprendere quali effetti negativi la riforma avrebbe avuto sulle nostre realtà.
Sentivamo solo parole d’ordine, slogan… Basti pensare che, per affrontare le problematiche burocratiche e fiscali, addirittura un dirigente ci consigliò di far assumere un impiegato da ogni Banda…
Col tempo, nelle critiche alla riforma trovammo dei compagni di viaggio: passammo dall’essere soli a condividere opinioni e osservazioni con esperti del settore, docenti universitari, avvocati, commercialisti. Stranamente, però, queste voci “dissonanti” non trovavano (e non trovano!) spazio sugli organi di stampa, i quali erano (e restano) allineati e coperti nella divulgazione del “pensiero unico” sull’argomento.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti, nel frattempo, uscì con una circolare riportante alcune “criticità” applicative: 280 pagine!
Ma ormai si capiva che “qualcuno” aveva già speso la propria immagine scommettendo su tale riforma, e che forte era il timore di “rimetterci la faccia”, forse timoroso di non fare carriera. Nessuno era disposto a modificarla in modo positivo. Mancava (e manca) il semplice buon senso.
Ci apparve comunque chiarissimo che, in questo modo, si sarebbe penalizzato il piccolo volontariato diffuso, spina dorsale della socialità nelle piccole e medie comunità, e stragrande maggioranza (silenziosa) nel panorama associativo italiano: il tutto a vantaggio delle grandi realtà.
Facemmo un esempio molto concreto: quando le Bande cesseranno la propria attività, compresa la formazione musicale di base, sicuramente ci saranno altri soggetti, aventi scopo di lucro, che ne prenderanno il posto. In natura il vuoto non esiste e quindi, sul territorio dove prima operavano 4 o 5 Bande, nascerà sicuramente un’Accademia privata, con logiche diverse dal quelle delle nostre associazioni (profitto al posto di socialità, mancanza dello spirito di conservazione della tradizione e della cultura locale ecc.).
Aumenteranno sicuramente i costi per i neofiti, non essendo calmierati così come si fa attualmente nelle Scuole per Banda. Di conseguenza, diminuirà il numero di chi si avvicinerà alla Musica, potendo affrontare certe spese solo chi ne ha le possibilità economiche. La Musica diventerà “classista”.
Ci dimenticheremo, quindi, della presenza della Banda alle manifestazioni civili e religiose, nei momenti di gioia e in quelli tristi nelle nostre comunità perché, molto semplicemente, non ci saranno più gruppi di musica amatoriale. Forse resisterà il 10% dei gruppi, ovvero quelle realtà grandi e strutturate che avranno la possibilità di entrare nel Runts, ma perderemo il restante 90%.
Avevamo previsto che l’obbiettivo sarebbe stato di carattere squisitamente economico, favorendo solo le grandi realtà, e obbligando le associazioni che avessero tentato di restare in vita a trasformarsi in qualcosa di diverso da ciò che sono state sinora.
E veniamo quindi a notizie recentissime che la dicono lunga sulla direzione presa.
Il quotidiano economico “Italia Oggi” del 19/02/2025 informa che: “Le Srl cominciano a farsi largo nel terzo settore. Quasi un’impresa sociale su cinque costituita dopo la riforma del 2016 ha assunto la forma della società di capitali, con netta prevalenza di quelle a responsabilità limitata. Guardando solo al 2023, il dato sale al 31,1%. Una percentuale destinata a crescere dopo l’arrivo del tanto agognato parere Ue sul regime fiscale previsto dalla riforma del terzo settore, che aprirà la strada a una serie di vantaggi e agevolazioni a favore delle imprese sociali”.
S.r.l., ovvero Società a responsabilità limitata… si, avete capito bene... ogni commento appare superfluo…
Ecco invece un’altra notizia apparsa pochi giorni fa su “Vita.it”: “Alla Lumsa di Roma la seconda edizione del master di primo livello in Scienze e Management degli Enti del Terzo Settore - Ets… Il condirettore Filippo Giordano: «Nel Terzo settore italiano lavorano principalmente persone che non hanno un background di carattere economico-manageriale. Per creare valore e impatto, c’è bisogno di ragionare in una prospettiva multistakeholder»
L’obiettivo di questo corso è «formare persone che possano portare competenze manageriali nel Terzo settore: su questo si deve investire e si deve ancora fare molta strada», dice Filippo Giordano, ordinario di Economia aziendale all’Università Lumsa e condirettore del master in primo livello in Scienze e Management degli Enti del Terzo Settore – Ets….
Il Terzo settore è in grande espansione; gli ultimi dati ISTAT (2022) parlano di circa 360mila Istituzioni Non Profit e di circa 920mila dipendenti (+ 5% e +13% sui dati del 2016). Oltre 70 miliardi è il totale delle entrate su base annuale. In tale contesto di crescita esponenziale, il Master in Scienze e Management degli Enti del Terzo Settore intende:
- qualificare in maniera innovativa l’offerta di formazione a “livello manageriale” rivolta a persone che vogliano contribuire a realizzare una nuova cultura di governo e di gestione degli Enti del Terzo Settore;
- fornire concrete risposte ai bisogni e ai problemi di una società sempre più eterogenea e in fase di cambiamento, dove gli Enti del Terzo Settore svolgono anche un ruolo di “motore economico”;
- formare persone motivate, fiduciose e consapevoli del fatto che l'interesse pubblico è qualcosa di tutti, di cui qualcuno però deve farsi carico in prima persona.
Requisiti di ammissione
Laurea triennale, Laurea magistrale oppure Laurea specialistica oppure Laurea ante DM 509/1999 (vecchio ordinamento) o altro titolo di studio universitario conseguito all’estero riconosciuto idoneo…
Profilo professionale
Il Manager di un ETS - dirigenti, quadri, consulenti, presidenti, segretari generali, imprenditori sociali, ecc. - deve saper gestire, al di là della buona volontà e dell'entusiasmo, in modo integrato l'utilità sociale, la sostenibilità e la qualità dei servizi in un'ottica di efficacia ed efficienza. Molti sono gli ambiti di azione del Manager di un ETS: sanità, sociale, cultura e turismo, sport, tutela dei consumatori, cooperazione internazionale, tutela dei diritti, ambiente, finanza etica, ecc.
Destinatari
Il Master è destinato a tutti coloro che:
- lavorano all’interno del mondo degli Enti del Terzo Settore (associazioni, fondazioni, organizzazioni non governative e di volontariato, cooperative ed imprese sociali, consorzi);
- attualmente lavorano in altri ambiti e che vorrebbero cambiare e lavorare nel mondo degli Enti del Terzo Settore;
- stanno pianificando il proprio percorso di studi universitari superiori e vogliono approfondire i meccanismi di funzionamento degli Enti del Terzo Settore per un futuro posizionamento lavorativo.
Costo: € 4.016,00…”
Eh già: qual è l’associazione che non può permettersi di investire soli quattromila euro per la formazione di un proprio dirigente ,o membro del consiglio direttivo, che sia necessariamente anche laureato?
Suvvia, tutte lo possono fare…
Un’osservazione: avete notato che, tutti quelli che dicono di conoscere il volontariato e si “occupano” di esso, organizzano le proprie attività in giorni lavorativi e in orario di lavoro?
Possibile che questi soggetti ignorino che chi fa vero volontariato lo fa oltre il proprio lavoro, e quindi al termine del proprio orario lavorativo? E che, quindi, chi fa vero volontariato è impossibilitato a partecipare?
E allora nasce spontanea la domanda: forse che questi soggetti si occupino di volontariato per professione? Tradotto: lo fanno per profitto, a differenza di tutti noi?
Non vi sembra una plateale discrepanza, per non dire altro?
Morale: tutto lascia intendere che, purtroppo avevamo visto giusto.
Chiaramente la direzione presa da questa “schiforma" è di generare posti di lavoro, seppure si tratti di un settore che dovrebbe essere “non profit”. Tutto ciò avviene a discapito di chi, invece, opera quotidianamente, e realmente, a livello volontaristico e amatoriale, senza nulla avere in cambio del proprio impegno, e svolgendo questa meritoria azione al di fuori della propria attività lavorativa.
Tutto ciò significa snaturare, mortificare le nostre realtà e lo spirito che le ha sempre sorrette per centinaia di anni.
Avevamo pensato male ma, alla verifica dei fatti, sembra proprio che c’abbiamo azzeccato.